


A cura di Marco Berton, giornalista finanziario.
Intervista al Ceo di Saxo Bank (Switzerland), Patrick Hunger
sul tema Fintech e sulle possibili ripercussioni dell’avvento di questa tecnologia sul settore finanziario a livello globale, abbiamo intervistato il CEO di Saxo Bank (Switzerland), Patrick Hunger.
Signor Hunger, lei è stato nominato CEO di Saxo Bank (Switzerland) circa tre anni fa. Come giudica il suo operato? Quali sono gli obiettivi che avete raggiunto e quali i prossimi a cui state aspirando?
Il mio lavoro in questi anni si è concentrato prevalentemente su due aspetti. Da un lato, mi è stato chiesto di traghettare la banca attraverso una serie di cambiamenti, che includevano tra l’altro la riorganizzazione e lo spostamento dell’ufficio principale nel centro di Zurigo. Dall’altro, mi è stato affidato l’obiettivo strategico di posizionare Saxo Bank quale leader nel processo di trasformazione digitale, come facilitatore primario nel trading globale e negli investimenti per la clientela business-to-business. E infine come partner professionale nel mercato business-to-consumer per i trader attivi alla ricerca di prestazioni e servizi di trading di prim’ordine. Penso sia corretto affermare che oggi siamo riconosciuti quali leader digitali. Crediamo di essere tra i principali attori nel processo di riprogettazione dell’ecosistema, della rottura della catena del valore e della necessità di soddisfare le esigenze
dei clienti utilizzando una tecnologia intelligente e smart. In aggiunta, stiamo accompagnando gli operatori di mercato nel processo di trasformazione digitale della loro offerta. Questo è particolarmente visibile nel mondo dei gestori patrimoniali digitali o nelle offerte di gestioni patrimoniali digitali da parte di operatori tradizionali come le compagnie di assicurazione, per le quali siamo conosciuti come “la casa dei robo advisor”. Naturalmente c’è ancora molto da fare, e stiamo concentrando la nostra tecnologia a vantaggio dei nostri clienti. Miriamo a riprogettare in maniera congiunta i servizi finanziari e ad essere il miglior partner possibile per trader attivi, investitori e clienti istituzionali.
Parliamo di Fintech: quali sono i servizi attualmente offerti da Saxo Bank e quali innovazioni dovremo aspettarci nel prossimo futuro?
Saxo Bank offre un’ampia gamma di servizi e soluzioni per differenti tipologie di clienti. Consentiamo ai nostri clienti diretti di investire su una vasta e sempre crescente gamma di prodotti finanziari attraverso le nostre piattaforme di trading pluripremiate. A questo riguardo, all’inizio dell’anno abbiamo lanciato SaxoTraderPro, la nostra piattaforma attualmente più evoluta e completamente personalizzabile che conferma la nostra ambizione di essere la scelta professionale per i trader attivi sul mercato. Per quanto riguarda gli investitori, offriamo una soluzione di gestione patrimoniale digitale chiamata “Saxo Select”. Questo servizio consente di investire in modo semplice, trasparente ed efficiente in termini di costi su portafogli gestiti nell’ottica di soddisfare le esigenze di pianificazione finanziaria futura. Le competenze in materia di investimenti sono ottenute sfruttando l’esperienza di terze parti selezionate quali, ad esempio, BlackRock. Passando agli istituzionali, forniamo servizi di liquidità multi-asset ed esecuzione, open banking e soluzioni di partnership strategiche a banche, broker, gestori patrimoniali, family office, hedge fund e trader proprietari. In sostanza, forniamo supporto al mondo bancario e facilitiamo le esigenze dei clienti attraverso un insieme di servizi tecnologici unici e modulabili. Ed è proprio in questo ambito che Saxo Bank dimostra la propria capacità di comprendere il futuro dei servizi finanziari. Tutto viene focalizzato sulla collaborazione e sull’utilizzo dei punti di forza complementari per servire i clienti in modo intelligente e propositivo. Il Fintech sembra diffondersi sempre di più.
L’avvento di questa tecnologia segnerà secondo lei la fine delle banche tradizionali?
La tecnologia Fintech non ha portato, ad oggi, perturbazioni significative nel settore bancario. Le dinamiche si sono concentrate su temi quali collaborazione e integrazione. È piuttosto la tecnologia, la competenza sui dati e i modelli di business associati utilizzati al di fuori del tradizionale ecosistema finanziario che mettono a repentaglio gli attuali modelli funzionali delle banche. Ed è in questo ambito che il Fintech diventa interessante e allo stesso tempo fonte di preoccupazioni. Interessante per l’interazione e centralità del cliente raggiunta grazie all’introduzione della convenienza digitale e all’individuazione degli obiettivi nell’e-commerce, tutti concetti che hanno raggiunto livelli di competenza molto elevati. Grazie all’analisi dei dati e all’intelligenza artificiale (AI), questa “economia di connettività” è destinata a crescere ulteriormente e spingere i clienti verso centri di user experience di eccellenza. Analizziamo ad esempio il caso Alipay, che già oggi offre oltre 90 servizi all’interno della propria “app”. La creazione di tale “super app” è finalizzata a creare un ecosistema tale per cui i clienti non abbiano più alcun incentivo ad abbandonare l’app stessa. Le preoccupazioni relative all’avvento del Fintech riguardano il fatto che l’industria finanziaria deve ancora adottare appieno questo approccio. Pensiamo ad esempio ai relationship manager: non è più sufficiente ridefinire il loro ruolo a livello solo intellettuale. A meno che questo ruolo non venga effettivamente modificato e valorizzato dall’utilizzo della tecnologia, la user experience non sembra offrire ad oggi alcun valore aggiunto. E in questo caso è proprio il valore ciò che conta di più.
Il Robot Advisory non sta raccogliendo, almeno in Italia, il successo sperato. È secondo lei un problema di mentalità, qualità del servizio o di entrambi?
Questa è una buona domanda in quanto indirizza la discussione su aspetti più fondamentali. Il fatto che le offerte di gestione patrimoniale digitale o i cosiddetti ‘Robot Advisory’ attualmente non crescano come previsto, ha innescato una discussione piuttosto nociva sul ruolo dei relationship manager e sull’utilità delle soluzioni di Robo Advisor. Questa riflessione ignora però il fatto che siamo solo all’inizio delle soluzioni relative alla ricchezza digitale e che la Robo Advisory 2.0 vedrà in un prossimo futuro un’offerta molto più dinamica, individualizzata e interattiva. Inoltre, a meno che il settore finanziario non permetta ai propri clienti di utilizzare le soluzioni digitali in misura molto più ampia e allarghi la propria propensione alla tecnologia, altri fornitori di soluzioni come Amazon, Facebook o Alibaba spingeranno i loro utenti a utilizzare ancora più la loro tecnologia che includerà anche servizi finanziari. Già oggi vediamo che queste società tecnologiche offrono servizi finanziari e che i loro utenti sembrano abbracciare tale opportunità perché il servizio è offerto nel giusto contesto. Dobbiamo diventare molto più realisti sul servizio che un relationship manager può offrire.
In quest’ottica, può secondo lei un gestore battere un sistema basato sull’intelligenza artificiale?
Non sono sicuro che questa sia la domanda corretta che ci dobbiamo porre. L’intelligenza umana e artificiale sono concetti molto diversi tra loro. Purtroppo, in passato ci si è concentrati sull’aspetto che le macchine dovessero comportarsi in modo che l’utente finale non riuscisse a discernere l’una dall’altra. Il robot umanoide Sophia è un esempio tangibile di questo approccio. Il futuro dell’intelligenza artificiale è invece molto diverso e non sarà misurato rispetto all’intelligenza umana, ma rispetto al vantaggio che otterremo dall’integrazione con gli esseri umani. Venendo alla specifica domanda e alla mia idea di diventare più “realista”, il gestore patrimoniale del futuro sarà a mio avviso una combinazione di uomo e macchina dove la ponderazione delle capacità umane e delle macchine all’interno di un servizio bancario dipenderà fondamentalmente dalle esigenze del cliente. Nel caso in cui il cliente ottenga beneficio dall’interazione con un’interfaccia umana, e sia disposto a pagare per “l’interazione umana intesa come servizio”, la tecnologia sarà meno visibile. Nel caso invece in cui non sia necessario l’intervento umano, la tecnologia occuperà l’intero spazio di interazione. Perché ciò accada, però, è necessario che l’industria finanziaria abbandoni la centralità del relationship manager nei propri modelli di business e sviluppi un modello di “relazione di client manager” che offra l’accesso agli esseri umani o alla tecnologia su richiesta.
Cosa dobbiamo attenderci a suo avviso per il futuro?
A meno che il settore finanziario non si modifichi in un modello transettoriale, il futuro del settore bancario non sarà a mio avviso composto dalle banche almeno come le intendiamo attualmente. Già oggi notiamo una tendenza verso nuove forme di collaborazione tra banche e piattaforme di social media che sembravano inimmaginabili in un passato non troppo lontano. In quest’ottica, aspetto di vedere come sarà ridefinito il settore dei servizi finanziari – con tutta probabilità molto dipenderà dagli attori che ancora devono entrare nel settore finanziario – e come la tecnologia e gli esseri umani potranno costituire un obiettivo per il cliente al di là dell’automazione. Concludo citando un concetto in cui mi sono imbattuto recentemente: quello di “banca invisibile”. Questo termine mi ha colpito favorevolmente, visto che i clienti non pensano in termini di ecosistemi. Pensano in termini di bisogni, circostanze specifiche, accesso e immediatezza. Per questo credo che essere presenti nel momento in cui i clienti hanno bisogno senza che loro se ne accorgano sia una proposta vincente e rappresenti la mia personale stella polare.
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